mercoledì 29 gennaio 2020

Eni Nigeria, teste chiave dell'accusa smentisce se stesso, Tribunale nega confronto con Armanna

MILANO (Reuters) - Quel che doveva essere un testimone chiave dell'accusa ha smentito oggi in aula le stesse dichiarazioni che aveva firmato e inviato al Tribunale di Milano, davanti a cui si celebra il processo sulle presunte tangenti Eni e Shell in Nigeria, facendo segnare un punto alle difese, ma andandosene con il rischio di essere indagato per falsa testimoninanza.

Inoltre, Isaac Chinonyerem Eke, alto dirigente delle forze di polizia nigeriane in pensione dal 2016, ha anche dichiarato in aula di essersi incontrato con un generale dei servizi segreti nigeriani prima della sua partenza per rendere testimonianza a Milano.

Al termine della sua testimonianza, il Tribunale ha comunque deciso di non accogliere la richiesta di un confronto in aula fra il testimone nigeriano e l'ex manager Eni, Vincenzo Armanna, imputato e contemporaneamente accusatore dell'AD Eni Claudio Descalzi, definendolo "superfluo".

IL MISTERO DEI "VICTOR"

Isaac Chinonyerem Eke era stato indicato da Armanna come l'autoidentificatosi Victor Nawfor che gli aveva riferito che 50 milioni di dollari contenuti in due trolley erano stati consegnati nel 2011 per essere "retrocessi" al top management Eni e aveva aggiunto di aver assistito a un incontro nella residenza presidenziale nigeriana fra l'allora capo dello stato Jonathan Goodluck e l'ex AD di Eni Paolo Scaroni.

Circostanze peraltro negate da tutte le persone coinvolte.

Nel gennaio 2019, Victor Nawfor era stato ascoltato come testimone e aveva smentito Armanna, dicendo di non conoscerlo. [nL8N1ZN61N]

Nel corso del processo poi lo stesso Armanna aveva dichiarato di aver individuato il vero Victor nel signor Eke, il quale in seguito aveva firmato e inviato una lettera, acquisita dal Tribunale e letta da Reuters, in cui affermava di aver avuto rapporti con Armanna dal 2009 al 2016, al quale si era effettivamente presentato come Victor Nawfor, e si diceva "pronto a testimoniare".

Il Tribunale aveva quindi accolto la richiesta di convocarlo, presentata dalla procura di Milano. [nL8N2872MS]

Oggi però il testimone Eke ha dichiarato di aver incontrato Armanna brevemente, tramite un amico comune, solo due volte, una nel 2014 e una nel 2015, ben dopo l'epoca dei fatti contestati che va fino al 2011, e ha negato di essersi mai presentato come Victor Nawfor.

Il dirigente di polizia in pensione ha perciò smentito le sue stesse affermazioni che aveva firmato nella lettera acquisita dal Tribunale.

Di fronte alle ripetute domande del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale, sul perché avesse firmato quella lettera e se quindi il contenuto della lettera fosse falso, Eke ha continuato a rispondere semplicemente che aveva incontrato Armanna per pochi minuti solo nel 2014 e nel 2015.

Tanto da spingere il presidente del Tribunale Marco Tremolada a impedire al procuratore di porre altre domande perché avrebbero potuto comportare risposte "autoincriminanti".

"Ci troviamo di fronte a una totale smentita di dichiarazioni firmate", ha detto in aula il pm, aggiungendo che la procura valuterà se possa ipotizzarsi una falsa testimonianza.

INCONTRO CON SERVIZI SEGRETI NIGERIA

Ma non è tutto. Alla domanda finale se sia stato contattato da qualcuno in Nigeria prima di venire a testimoniare in Italia, Eke ha risposto di essersi incontrato con il generale Mohammed Babagana Monguno, attualmente consigliere della sicurezza nazionale nigeriana, definito da Eke in aula "capo dei servizi segreti".

Al generale, ha detto Eke ai giudici, avrebbe semplicemente riferito quanto era a sua conoscenza e quindi quanto avrebbe detto.

Al termine il procuratore De Pasquale ha chiesto al Tribunale di poter fare un confronto fra Armanna ed Eke, alla luce delle due opposte versioni, ma i giudici hanno respinto la richiesta considerando il confronto "superfluo".

IL PROCESSO SU OPL 245

Il processo in corso vede imputate le società Eni e Shell e altre 13 persone fra le quali l'AD di Eni Claudio Descalzi (nella sua veste, all'epoca dei fatti, di direttore generale della divisione Exploration e Production), l'ex AD Paolo Scaroni e l'ex direttore esecutivo per esplorazione e produzione di Shell, Malcolm Brinded.

L'accusa ipotizza il pagamento di tangenti per 1,092 miliardi di dollari su 1,3 miliardi di dollari versati nel 2011 da Eni e Shell su un conto del governo nigeriano per la licenza per l'esplorazione del campo petrolifero Opl-245 in Nigeria.

Tutti gli imputati hanno sempre respinto le accuse, sottolineando che il prezzo dell'acquisto fu versato su un conto ufficiale del governo nogeriano e che il successivo trasferimento di gran parte del denaro su altri conti, in particolare su quello della società Malabu (che la procura indica appartenere all'ex ministro del Petrolio nigeriano Dan Etete), era al di fuori della sfera d'influenza delle società acquirenti.